Dimissioni collegiali della segreteria di Rifondazione comunista. Stesso gesto, il giorno prima, da parte di Di Pietro e, in parallelo, anche la segreteria del Pdci si presenterà dimissionaria di fronte al proprio parlamentino. Mentre Antonio Ingroia, che s’è consultato con i suoi “pezzi” di società civile starebbe ragionando sulla prosecuzione dell’esperienza di Rivoluzione civile.
All’indomani della riunione in viale del Policlinico, un comunicato della segreteria annuncia la mossa e ringrazia «le compagne e i compagni per la generosità del loro impegno personale, sia sul piano politico che organizzativo. Le compagne e i compagni di Rifondazione sono stati infatti la spina dorsale della campagna elettorale di Rivoluzione Civile sui territori».
E’ l’ammissione della sconfitta: «Il risultato di Rivoluzione Civile è stato negativo. Non siamo riusciti in campagna elettorale a far emergere il profilo antiliberista, di sinistra e popolare della lista, che è rimasta schiacciata tra le spinte al voto utile e quelle al voto di protesta. Al di la di ogni altra considerazione, l’insuccesso della lista ha quindi una precisa ragione politica nell’incapacità di interpretare ed intercettare il forte disagio sociale e il largo dissenso verso le politiche di austerità. Le elezioni ci consegnano un quadro terremotato, un quadro di crisi organica del sistema in cui la crisi sociale si salda con una crisi istituzionale e con la completa delegittimazione del sistema politico. Un quadro di crisi organica in cui il paese non si riconosce nelle politiche neoliberiste e nel sistema politico ma non ha maturato e non ha a disposizione alcuna alternativa. Non a caso escono penalizzate le forze che più si sono identificate con le politiche di austerità e con la governabilità, a partire da Monti per arrivare fino al Pd. Parallelamente Berlusconi è stato premiato per il suo smarcarsi dalle politiche del governo Monti e Grillo risulta il vero vincitore delle elezioni perché è stato individuato come il veicolo più efficace contro il sistema politico in quanto tale e le politiche economiche che lo hanno caratterizzato. Il risultato del voto non è quindi un rivoluzione ma l’approfondirsi della crisi del sistema». Il rischio, secondo Rifondazione, è che adesso «le classi dirigenti facciano una ulteriore forzatura per proseguire le politiche di rigore e austerità, puntino ad uno scardinamento Costituzionale in senso presidenzialista per determinare in forma autoritaria quella governabilità che non sono stati in grado di costruire attraverso il consenso attivo».«Noi ci opponiamo radicalmente a questa prospettiva e proponiamo l’abbandono delle politiche neoliberiste e la ricostruzione democratica partecipata di un rinnovato sistema politico basato su un sistema elettorale proporzionale. Crisi sociale e crisi istituzionale hanno cioè una soluzione solo nella direzione di maggiore giustizia sociale e maggiore democrazia», recita il comunicato spiegando che il Prc punta ancora alla costruzione di un polo politico della sinistra antiliberista proponendo che Rivoluzione Civile «dia vita ad questo vero e proprio processo costituente, democratico e partecipato».
La discussione sui risultati elettorali e sulla ridefinizione del progetto strategico inizierà venerdì con la direzione nazionale e il 9/10 marzo continuerà al Comitato politico nazionale, in parallelo con la discussione del Pdci. Anche per Diliberto presentarsi dimissionario «non è certo una resa, una rinuncia, o un atto di routine, ma una piena e doverosa assunzione di responsabilità, da cui ripartire per una riorganizzazione del partito e un rilancio del progetto di ricostruzione del partito comunista in Italia, dopo una discussione approfondita e di portata strategica (di natura congressuale straordinaria, le cui modalità saranno decise dal Comitato Centrale)». I comunisti italiani auspicano una discussione aperta a tutti «dentro e fuori i partiti. Valorizzando, e non liquidando sommariamente, tutti gli elementi positivi di partecipazione attiva e combattiva e di mobilitazione politica e sociale unitaria che si sono espressi nelle centinaia di assemblee di Rivoluzione Civile (e che furono totalmente assenti nell’esperienza dell’Arcobaleno). Risalgono a ventiquattr’ore prima le dimissioni «irrevocabili» di Di Pietro dalla presidenza dell’Italia dei Valori, partito da lui fondato quindici anni fa. Seguirà per l’Idv una fase di gestione collegiale, in vista di un congresso «entro il 31 dicembre 2013».
di Checchino Antonini