12 aprile 2020. L’insegnamento che dobbiamo trarre dalla tragedia della pandemia è di dover trasformare alla radice il sistema socioeconomico dominante capitalista, che sta mostrando tutta la sua carica distruttiva e autodistruttiva, per costruire una società mondiale giusta e sostenibile.
Aderiamo all’appello lanciato da:
Mario Agostinelli (Associazione Energiafelice), Marco Bersani (Attac Italia), Bruna Bianchi (storica), Renato Briganti (costituzionalista), Pierpaolo Brovedani (pediatra), Paolo Cacciari (giornalista), Alessandro Calabria (giornalista), Marco Calabria (giornalista), Gianluca Carmosino (giornalista), Alberto Castagnola (economista), Antonia De Vita (pedagogista ecofemminista), Marco Deriu (sociologo, Associazione per la decrescita, e Maschile Plurale), Salvatore Esposito (psicologo di comunità), Aldo Femia (economista), Adriana Maestro (filosofa ecofemminista), Roberto Mancini (prof. Filosofia teoretica Università di Macerata), Laura Marchetti (antropologa, docente universitario), Ugo Mattei (giurista), Daniela Padoan (scrittrice, Associazione Laudato si’), Tonino Perna (socio-economista, buonista, saggista), Mario Pezzella (docente universitario), Gianni Tamino (biologo), Riccardo Troisi (economista ), Guido Viale (economista), Alex Zanotelli (missionario comboniano).
Per adesioni inviare un messaggio alla mail: adesioni.appello2020@gmail.com
Celebriamo il 22 aprile la giornata mondiale della Terra con una preghiera civile: mai più come prima.
L’epidemia provocata dal nuovo virus SARS-CoV-2, con il suo tragico carico di morti e miseria, serva da insegnamento.
La Terra è un macrorganismo vivente in cui tutto si tiene: biologia, ecologia, economia, istituzioni sociali, giuridiche e politiche. La salute di ciascun individuo è interconnessa e dipendente dal buon funzionamento dei cicli vitali del pianeta.
Il susseguirsi di malattie nuove e terribili sempre più frequenti e virulente (Ebola, HIV, influenza suina e aviaria, afta, febbre gialla, dengue, solo per citare le più note) sono la conseguenza della alterazione dei delicati equilibri naturali esistenti tra le differenti specie viventi e i loro relativi habitat. L’abbattimento e gli incendi delle foreste tropicali, il consumo di suolo vergine, lo sfruttamento minerario, la caccia e il consumo di fauna selvatica, la concentrazione di allevamenti animali, l’agricoltura superintensiva, il sovraffollamento urbano e lo spostamento continuo di merci e persone sono le cause primarie dello scatenamento delle pandemie. Come aveva scritto inascoltato un attento osservatore dei microrganismi patogeni: “Là dove si abbattono gli alberi e si uccide la fauna, i germi del posto si trovano a volare in giro come polvere che si alza dalle macerie” (David Quammen, Spillover, 2012).
Non c’è alcun “nemico invisibile”, tantomeno imprevisto e sconosciuto che ha dichiarato guerra al genere umano. Nessuna “catastrofe naturale” e nessun “castigo di Dio” si sono abbattuti su di noi. Al contrario è il sistema economico dominante che provoca un progressivo deterioramento dei sistemi ecologici, l’estinzione di massa delle specie viventi, il surriscaldamento del clima. Tutto ciò aumenta i rischi, la vulnerabilità e abbassa le difese immunitarie degli individui.
La retorica sui sacrifici necessari (a partire da quelli affrontati da medici e infermieri, spesso lasciati senza nemmeno i più elementari dispositivi di protezione individuale) non basta a coprire il tracollo del sistema sanitario. La sottovalutazione dei fenomeni in atto, l’impreparazione e l’incompetenza delle istituzioni pubbliche ad ogni livello – laddove è prevalso il modello neoliberista – hanno indebolito i presidi socio-sanitari con definanziamenti e privatizzazioni.
L’aziendalizzazione dei servizi è andata nella direzione opposta a una medicina di territorio. In particolare in Italia abbiamo dovuto constatare un tasso di letalità eccessivo, troppi contagi registrati tra gli operatori sanitari, insufficienza delle attrezzature, mancanza di scorte di strumenti di protezione, assenza di luoghi dedicati alla quarantena, inadeguatezza dei protocolli diagnostici e terapeutici e la mancanza di un piano di emergenza e prevenzione in caso di malattie epidemiche.
Per mascherare questi fallimenti – quasi fossero inevitabili – molti mass-media, politici e persino dirigenti sanitari hanno scelto di raccontare l’impegno per contenere la pandemia da coronavirus usando una terminologia bellica: “battaglie”, “armi”, “trincee”, “nemico”. Il linguaggio della medicina invece si esprime con parole di cura e di pace, non di guerra. Di salute psicofisica, di sollievo della sofferenza, di rispetto della dignità umana. Le guerre vere, quelle che servono per accaparrare le terre e le risorse del pianeta, la cui violenza si abbatte sulla parte più debole della popolazione civile, continuano purtroppo ad essere finanziate (si pensi alla costruzione dei bombardieri F35 e dei sottomarini U-212), preparate e messe in atto in molte parti del mondo causando distruzioni irreparabili all’ambiente e grandi spostamenti forzati di popolazioni. Ha dichiarato Antonio Guterres, segretario generale dell’ONU: “La furia del virus mostra la follia della guerra. Per questo chiedo un cessate il fuoco mondiale”.
Le ripercussioni del lockdown sull’economia globalizzata porteranno ad una crisi senza precedenti con effetti catastrofici specie nei paesi più periferici (rimasti senza commesse), nei ceti più poveri (rimasti senza reddito), tra i precari (rimasti senza lavoro), tra le donne madri (rimaste senza reti e servizi), tra le bambine e i bambini. Le pandemie non conoscono differenze di classe, ma si ripercuotono accentuando ancor di più le disuguaglianze e le ingiustizie sociali. Per uscirne non basterà inondare il mondo con una pioggia di denaro “a debito”.
Bisognerà che quel denaro serva effettivamente ad avviare una profonda conversione ecologica e solidale degli apparati produttivi e dei comportamenti di consumo.
La salute è un bene comune globale. In quanto esseri umani siamo parte della natura.
Esistiamo gli-uni-con-gli-altri, in reciproca connessione. Ogni componente organica e inorganica, dai microorganismi agli esseri umani concorre a formare un unico complesso sistema che mantiene le condizioni della vita sulla Terra. Ognuno di noi dipende dall’aria che respira, dai cibi con cui si nutre, dal tipo di energia che usa per muoversi, riscaldarsi e comunicare, dall’organizzazione sociale in cui è inserito. Siamo parte dell’universo bio-geo-fisico ed energetico.
Il 2020 è l’anno dedicato dall’Onu alla biodiversità. Secondo l’ultimo Rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente circa il 75% dell’ambiente terrestre e oltre il 60% dell’ambiente marino sono gravemente alterati. In più, come nota il Rapporto: “L’accelerazione dei cambiamenti climatici sarà probabilmente associata a un aumento dei rischi, in particolare per i gruppi vulnerabili”.
Il 2020 è l’anno della verifica dell’Accordo di Parigi sul clima, ma la Cop 26 prevista a Glasgow è stata rinviata al prossimo anno. Sono già passati cinque anni dall’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile dell’Onu e molti dei target intermedi fissati al 2020, nell’ambito dei suoi 17 macro obiettivi, sono stati clamorosamente disattesi. Sono passati cinque anni anche dalla pubblicazione dell’enciclica Laudato sì, ma il suo messaggio per un’ecologia integrale è stato ignorato.Non possiamo più fingere di non vedere.
Non vogliamo essere testimoni muti. Mai come oggi è evidente che se volessimo trarre qualche insegnamento dalla tragedia della pandemia dovremmo trasformare alla radice il sistema socioeconomico dominante capitalista, che sta mostrando tutta la sua carica distruttiva e autodistruttiva, nella direzione di una società mondiale giusta e sostenibile.
Speriamo che la giornata della Terra del 22 aprile possa essere il momento di uscita dall’emergenza, di ricongiungimento degli affetti, di abbraccio simbolico dei parenti con i propri cari deceduti, di cordoglio di tutta la comunità, di ringraziamento per quanti si sono assunti rischi enormi nella cura dei malati e, per tutte e tutti, di un nuovo inizio dell’impegno per:
Questa pandemia ha toccato profondamente le nostre vite. Poniamo la vita e la cura della vita al centro.
[L’Earth Day (Giornata della Terra), nata il 22 aprile 1970 per sottolineare la necessità della conservazione delle risorse naturali della Terra, è la più grande manifestazione ambientale del pianeta, l’unico momento in cui tutti i cittadini del mondo si uniscono per celebrare la Terra e promuoverne la salvaguardia. La Giornata della Terra, momento fortemente voluto dal senatore statunitense Gaylord Nelson e promosso ancor prima dal presidente John Fitzgerald Kennedy, coinvolge ogni anno fino a un miliardo di persone in ben 192 paesi del mondo. Le Nazioni Unite celebrano l’Earth Day ogni anno, un mese e due giorni dopo l’equinozio di primavera, il 22 aprile.]